Nostri punti fermi sulla guerra in Ucraina

Abbiamo scritto questo testo un anno e mezzo fa, e ci sembra opportuno riproporlo alla vigilia del secondo anniversario dell’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo – un’Ucraina che era già stata invasa nei decenni precedenti dalle banche, dalle imprese, dai ‘consiglieri militari’, dalle strutture diplomatiche e massmediatiche della NATO e dell’Unione europea. Dati gli sviluppi ulteriori della guerra in Ucraina e della situazione internazionale, crediamo di non dover modificare in nulla il nostro inquadramento di questa guerra.

We wrote this text a year and a half ago, and it seems appropriate to propose it again on the eve of the second anniversary of the invasion of Ukraine by the Russian army – a Ukraine that had already been invaded in previous decades by banks, businesses, ‘military advisors’, the diplomatic and mass media structures of NATO and the European Union. Given the further development of the war and the international situation, we believe that we do not need to change our view of this war in any way.

Redazione Il Pungolo Rosso

1. La guerra in Ucraina è l’ultimo di una sequenza di eventi traumatici di questo inizio del XXI secolo – guerre, crisi finanziarie, la grande recessione, pandemia, disastri ecologici – che nel loro insieme segnano una crisi storica del modo di produzione capitalistico.

2. La guerra in Ucraina non è una guerra tra la Russia e l’Ucraina; è una guerra tra NATO e Russia sul territorio ucraino, occupato militarmente dalla NATO e politicamente dagli Stati Uniti e dall’UE prima, e invaso dalla Russia poi. Una guerra tra potenti stati capitalistici, combattuta per finalità di dominio, che segna la riapertura ufficiale della lotta per la ripartizione del mondo, essendo entrata in crisi l’egemonia dell’Occidente sul mercato mondiale, la politica mondiale, la cultura mondiale.

3. La responsabilità dello scoppio della guerra è di entrambe le parti in conflitto, e – al fondo – del sistema sociale di cui fanno parte. Metterci a questionare su offesa e difesa non avrebbe senso, trattandosi di grandi stati che coagulano interessi capitalistici e, non trovando compromessi sul piano economico e politico, passano allo scontro militare. La NATO non aveva bisogno di sparare perché si era già preso il terreno ucraino sul piano economico e politico e con i propri insediamenti bellici, ignorando del tutto gli accordi di Minsk. La Russia poteva contendergli il bottino, o parte del bottino, solo con mezzi militari, ed è quello che ha fatto.

4. A sua volta la borghesia ucraina, in particolare il nazionalismo in affitto di Zelensky, ha la colpa imperdonabile di avere messo il proprio territorio a disposizione dei piani di guerra della NATO gettando la propria popolazione nell’abisso di una guerra sanguinosa e distruttiva, nell’interesse dei soprastanti occidentali e di un pugno di profittatori ucraini – e di avere esercitato una violenta vessazione armata sulla popolazione del Donbass con molte migliaia di morti.

5. Esistono, è evidente, anche questioni di auto-determinazione, tanto per il “popolo ucraino” quanto per il “popolo del Donbass”, ma sono state risucchiate, soggiogate dalla guerra tra grandi potenze capitalistiche. Di autentica auto-determinazione dell’uno e dell’altro si potrà parlare senza prendersi in giro solo a sbaraccamento totale della NATO con la smobilitazione della presenza Usa e dell’UE in Ucraina, e della presenza militare russa nei territori occupati.

6. Da tutto ciò deriva la nostra tesi centrale: la guerra in Ucraina, per ciò che è e per ciò che prepara, è una guerra contro i proletari ucraini e contro i proletari russi, contro il proletariato di tutti i paesi. Perché è uno scannatoio di proletari, e perché impone un parossistico salto di qualità nella concorrenza, nello sfruttamento e nell’oppressione del proletariato anche fuori dall’Ucraina e dalla Russia. I comandanti dei due schieramenti in guerra incitano i proletari ucraini e i proletari russi a scagliarsi gli uni contro gli altri, ad essere la loro carne da macello. Per l’internazionalismo proletario vale la consegna opposta: disfattismo da entrambi i lati del fronte contro gli oligarchi e i generali della NATO e dell’Ucraina, contro gli oligarchi e i generali della Russia e dei suoi alleati. Nostri compiti sono: denuncia delle cause e del reale contenuto della guerra, del riarmo generalizzato in atto, della tendenza alla terza guerra mondiale. Smascheramento della propaganda di guerra da ambo i lati. Lotta per l’unità dei proletari di tutto il mondo contro il capitale globale. Lavorare con determinazione alla formazione di un campo o fronte internazionale che si opponga ad entrambi gli schieramenti imperialisti in contesa.

7. L’Italia è stata dal primo giorno in guerra, cercando di combinare il suo netto schieramento al fianco degli Stati Uniti ed una scatenata campagna russofobica, con lo sforzo di non rompere con la politica di freno della Germania. L’Italia è destinata a pagare nell’immediato un prezzo alto per la sua maggiore dipendenza energetica dall’estero, per l’esplosione dei costi di approvvigionamento, per il livello del suo debito, etc. – ma la classe dominante lo accetta in vista di guadagni futuri, della riaffermazione del dominio dell’imperialismo occidentale sul mondo a cui ha legato il suo destino. L’élite del capitale sogna una Russia ridotta in pezzi, per potersene spartire le ricchezze. Ogni pianto – ne sentiamo tanti – sull’Italia colonia, serva degli Stati Uniti contiene deteriore nazionalismo, e la demenziale attitudine propria di tutti i riformisti a voler insegnare ai capitalisti come difendere al meglio i propri interessi.

8. Qui in Italia, dunque, lotta contro il governo italiano (Draghi prima, Meloni ora – in continuità con Draghi) e la classe capitalistica italiana, che stanno alimentando in ogni modo la guerra in Ucraina. “Il nemico principale è nel proprio paese!”. Bisogna darsi da fare! Siamo in grave ritardo: di comprensione e di azione. Vergogna su quanti si sono schierati con la NATO. Critica radicale a quanti, in modo aperto o coperto, stanno con la Russia credendo al Putin travestito da Che Guevara e partigiano antinazista, dimentichi delle sue ottime frequentazioni con i reazionari filo-nazisti e con le destre europee; dimentichi del trattamento riservato alle popolazioni cecene, siriane, kazache, etc.; dimentichi di ciò che la Russia zarista (a cui Putin si richiama) è stata in quanto prigione di popoli. Critica senza concessioni anche all’inerzia dei pacifisti, di fatto finora assenti dal campo se non filo-ucraini, e degli ecologisti, quasi indifferenti davanti al primo fattore di distruzione e devastazione della vita umana: le guerre del capitale.

9. La guerra in Ucraina è destinata a durare perché né la NATO né la Russia possono accettare una sconfitta. La sola possibilità che la guerra finisca è che si determini una spaccatura in profondità del fronte interno in Russia e in Ucraina, con fenomeni di disfattismo nelle forze armate (di cui c’è qualche segno) e con l’entrata in campo contro la guerra di masse di sfruttati anche nei paesi della NATO. Dobbiamo dare tutto perché ciò avvenga.

10. Per gli Stati Uniti, la guerra in Ucraina è due cose in una: guerra alla Russia e “guerra” all’UE, in particolare alla Germania, per troncarne di netto i legami commerciali e industriali sempre più ampi e solidi con la Russia e la Cina e spingerla, con un vertiginoso aumento dei suoi costi di produzione, verso una crisi profondissima. Mentre gli Stati Uniti si sono accaparrati grossi profitti per la propria industria bellica e il costosissimo gas liquefatto, la guerra ha creato gravi problemi a quasi tutti i paesi UE per l’approvvigionamento energetico, le sanzioni, etc. Ne sono nati furiosi scontri di interesse all’interno della UE. La decisione della Germania di stanziare 200 miliardi fuori bilancio per sostenere il sistema industriale e coprire parte dei costi delle bollette per le famiglie, è presentata come una dichiarazione di guerra commerciale agli altri paesi della UE, a cominciare dall’Italia. In realtà, però, una politica simile è seguita da ogni stato, si differenziano solo i mezzi a disposizione – nel caso dell’Italia, poi, i soldi dei sostegni sono in parte soldi dell’UE.

11. C’è un rovescio della medaglia: a livello internazionale l’arroganza e l’avventurismo bellicista degli Stati Uniti che intendono seminare guerre anche in Asia, hanno dialetticamente rafforzato i legami Russia-Cina e le spinte all’autonomia dei BRICS, della Turchia, dell’Arabia saudita, etc. provocando tra l’altro la moltiplicazione degli accordi commerciali in valuta diversa dal dollaro, una minaccia terribile per il dominio finanziario statunitense.

12. Questa guerra segna un punto di non ritorno nel passaggio delle contraddizioni inter-capitalistiche alla scala mondiale da un piano economico-commerciale ad uno strategico-militare. E finora la spirale azione-reazione sta facendo salire di livello lo scontro con la dotazione di armi a lunga gittata per l’esercito ucraino, gli attentati su suolo russo, il sabotaggio del Nord Stream e – da parte russa – l’annessione del Donbass. Il rischio che s’inneschi un conflitto mondiale è crescente.

13. Non a caso la guerra in Ucraina ha sdoganato e “normalizzato” da ambo i lati sia la possibilità dell’uso di armi nucleari sia la prospettiva della terza guerra mondiale. Alla precipitazione in questa direzione si oppongono Cina, India, etc. Benché a parole allineata all’avventurismo statunitense, anche la Germania frena, ma dopo aver stanziato oltre 100 miliardi per il suo riarmo autonomo.

14. La guerra in atto sta velocizzando la corsa alla catastrofe ecologica (distruzioni, inquinamento aria e acque, incentivazione gas di scisto, ritorno al carbone, sviluppo ulteriore del nucleare, rilancio alla grande della spesa bellica, etc.).

15. Il prezzo da pagare per le conseguenze della guerra sull’economia italiana è grande. I primi destinati a pagarlo sono i proletari. Ma sarà colpita anche una quota importante delle filiere produttive composte di piccole e medie imprese, visto che non si è voluto porre un tetto agli immensi profitti delle imprese monopoliste del settore energetico e bellico. Da qui l’inquietudine dei larghi settori dei ceti medi accumulativi che ha gonfiato il “sovranismo” di Meloni e FdI.

16. L’esplosione dei prezzi dei beni alimentari e delle fonti energetiche dovuta in larga misura alla speculazione finanziaria sulla guerra (che è parte integrante del capitalismo e non può essere punita “a parte” come sostengono i riformisti), unita all’innalzamento dei tassi di interesse che gonfia i debiti esteri, ha messo in ginocchio una serie di paesi dipendenti, con esplosione di massicci movimenti di lotta o rivolte in Sri Lanka, Libano, Perù, Mozambico, etc. contro le conseguenze della crisi. Ma per quanto radicali siano, fin quando non ci sarà una vera organizzazione di classe rivoluzionaria, questi movimenti – come le risposte di lotta in Europa – saranno per forza di cose limitati a combattere gli effetti della crisi senza poterne sradicare le cause.

17. Le grandi potenze capitalistiche a scontro cercano di nascondere e dissimulare, almeno fino ad un certo punto, le proprie reali finalità di dominio globale o regionale, con argomenti etnici, storici, ideologici, religiosi, culturali. Questa propaganda, di cui non va sottovalutata la funzione nel processo di arruolamento di massa militare e non, va contrastata attivamente. Opporre democrazie ad autocrazie, libertà a tirannia, Occidente a Oriente, non è altro che merdosa propaganda per convincere tutti che la guerra è inevitabile e, dopotutto, giusta, e che i sacrifici necessari per l’economia di guerra sono altrettanto inevitabili e, dopotutto, giusti.

18. La guerra in Ucraina sta riportando in campo, ormai, la guerra inter-imperialistica generale come possibile “soluzione” finale di una devastante crisi sistemica che sta sfuggendo di mano ai governanti del mondo. La fine dell’ordine internazionale a stelle e strisce è la sanzione e il moltiplicatore di questo incontrollabile caos sistemico, tale da qualsiasi lato lo si guardi e lo si misuri: sovrapproduzione di capitali, di merci, di forza-lavoro, caduta dei profitti sul lungo periodo, ipertrofia del capitale fittizio e della speculazione, saccheggio illimitato della natura, polarizzazione sociale, crisi della riproduzione sociale, rischio potenziato di epidemie. Questo crescente sconquasso dell’ordine capitalistico mondiale e l’impossibilità di una sua riforma riaprono oggettivamente le porte alla rivoluzione sociale anti-capitalistica. Perché la sola possibile alternativa ad una nuova sempre più incombente catastrofe globale è un nuovo ciclo rivoluzionario internazionale che regoli i conti con il capitalismo, prima che il capitalismo produca la fine della civiltà umana.

19. Ma finora – qui in Italia, a differenza che in molti altri paesi del mondo, inclusi gli Stati Uniti e la Gran Bretagna – i lavoratori/proletari sono rimasti sostanzialmente passivi davanti al moltiplicarsi dei fattori di crisi sociale. Sembrano non intendere la posta in gioco, in generale e in questa guerra. Sappiamo poco, purtroppo, di quanto sta accadendo in Russia e in Ucraina. Qui possiamo dire che inizialmente c’è stata apprensione e un po’ di attivismo nella raccolta di “aiuti umanitari” e verso i profughi. Con i mesi sia l’apprensione che l’attivismo sono scemati. La preoccupazione per la guerra non è scomparsa. Sembra prevalere, però, con l’apatia, una certa rassegnazione – “saremo noi a pagare” – anche, finora, davanti alla decurtazione dei salari ad opera dell’inflazione, che arricchisce chi ha aumentato i prezzi. Il prezzo da pagare con tariffe, inflazione dei prezzi al dettaglio, impennata del costo dei mutui sarà decisamente più alto di quanto ci si attende, e metterà molti proletari spalle al muro. Quanto durerà questo silenzio? Lo stato d’animo delle masse è soggetto a cambiamenti, anche improvvisi, che spesso lasciano di stucco le “avanguardie” presunte, e anche quelle vere. Noi contiamo sul ruolo fondamentale della spontaneità ma, non essendo spontaneisti, stiamo lavorando da mesi a coordinare le forze disponibili ad un’attività organizzata e stabile, la più omogenea possibile, contro questa guerra e le guerre del capitale, imperniata sulla prospettiva di classe internazionalista.

20. La nostra azione di contropropaganda e agitazione verso i lavoratori e verso i giovani non può che partire dai grandi costi materiali ed ecologici della guerra, già tangibili anche qui, ma punta ad allargare l’angolo visuale degli operai, dei proletari, dei giovani verso le cause della guerra, la funzione delle guerre inter-capitalistiche e le due sole maniere di porre termine alle guerre: le paci strangolatorie dei vincitori, o la sconfitta di tutte e due le parti in campo con l’emergere di un’altra soluzione: la nostra.

21. Il nostro primo passo riguarda l’Italia, dove abbiamo partecipato e continueremo a partecipare attivamente ad ogni iniziativa che abbia una valenza, almeno potenziale, di resistenza e intralcio alla continuazione della guerra e alla corsa riarmo (Coltano, etc.). Ma pensiamo ad un coordinamento internazionale di tutte le forze che si muovono nella nostra stessa direzione. In Germania, in Grecia, in Gran Bretagna, in Cechia, stanno avvenendo mobilitazioni significative, con cui coordinarci per unire le forze che si riconoscono nell’internazionalismo proletario.

Pare che, con estremo ritardo, anche in Italia alcune componenti del pacifismo di matrice cattolica, e non solo, intendano battere un colpo. Il nostro intento sarà quello di interagire con queste manifestazioni e con tutto ciò che si muove sul terreno della rottura dell’unanimismo bellico oggi imperante, senza per questo indietreggiare dai compiti di denuncia, organizzazione e battaglia politica che consideriamo essenziali.

8 ottobre 2022

[INTERNAZONALISMO] I nostri punti fermi sulla guerra in Ucraina / Our key-points on the war in Ukraine (ita – eng – deutsch) – “TOCCANO UNO TOCCANO TUTTI” (sicobas.org)