Ammutinamenti nell’esercito russo

«Il punto non è sapere come un popolaccio caotico e ribelle può sconfiggere gli eserciti disciplinati e ben organizzati dello Stato capitalista nel corso di una battaglia regolare, bensì comprendere come questo movimento di massa può minare la capacità di combattimento effettivo dell’esercito e provocare il crollo e la dispersione delle forze armate dello Stato».

Harass the Brass

In tutte le guerre, prima o poi, compaiono delle tendenze alla diserzione, a diverse forme di sabotaggio e di ammutinamento da parte dei soldati semplici. Le motivazioni di coloro che prendono parte a queste attività possono essere variegate e talvolta assai contraddittorie. In ogni caso, si tratta sempre di un contributo importante alla sovversione delle forze armate dello Stato, che indebolisce la capacità dell’esercito a fare la guerra.

Malgrado la propaganda filo-regime e pro-guerra, si moltiplicano le informazioni sul cattivo morale dei soldati dell’esercito russo. I soldati si rifiutano di eseguire gli ordini, disertano e organizzano degli ammutinamenti.

Nella regione di Oulianovsk, per esempio, più di 100 uomini si sono ammutinati il 2 novembre 2022. La rivolta nel centro di addestramento è stata resa pubblica dal canale informativo di opposizione Serditaya Tchouvachia [Slovacchia in collera], secondo il quale più di 100 riservisti mobilitati si sono rifiutati di partire per l’Ucraina.

«Ci rifiutiamo di partecipare all’operazione militare speciale e ci batteremo per la giustizia fino a quando non otterremo i soldi promessici dal nostro governo diretto dal presidente russo! […] Perché dovremmo combattere per questo Stato e lasciare le nostre famiglie senza sostegno?». Si possono leggere anche delle dichiarazioni più prosaiche: «Ci hanno presi per il culo».

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La rivolta è stata repressa dalla polizia anti-sommossa OMON e dalle truppe della Guardia nazionale, direttamente subordinate al presidente Putin. Alcuni soldati sono stati arrestati dalla polizia militare. Tutte le armerie del centro sono state sigillate. Tutte le persone detenute durante la ribellione sarebbero state rilasciate senza accuse e l’intera unità è stata autorizzata a rientrare a casa per due giorni.

Un altro ammutinamento di uomini mobilitati ha avuto luogo a Kazan. I mobilitati del centro di addestramento hanno protestato contro le condizioni che devono sopportare. Sono stati riforniti di fucili automatici arrugginiti, poco cibo e poca acqua, ma hanno almeno ricevuto un po’ di legna per scaldarsi. Un ufficiale è arrivato per negoziare con i soldati, ma se ne è scappato in fretta per via delle violente minacce.

È stata anche divulgata una lettera nella quale i marinai russi accusano Vladimir Putin di averli portati al massacro. Vi accusano Putin di trattarli come «carcasse» e i generali di utilizzarli come «carne da cannone». I soldati demoralizzati affermano anche che i comandanti nascondono il caos che regna a Donetsk e minimizzano il numero delle vittime per paura di doverne render conto.

La lettera è stata pubblicata mentre era in corso un ammutinamento nelle forze armate russe, durante il quale 2000 coscritti hanno accerchiato il generale Kirill Kulakov e gli hanno urlato con rabbia: «Vattene!», «Vergognati!» e «Abbasso il regime [di Putin]!». A un dato momento si sente il generale dire: «Rispondo alle vostre domande…». Ma uno dei coscritti in collera gli grida: «Puttana d’un generale, sai bene dove ci mandi».

Uno degli ammutinamenti dei soldati russi ha persino provocato la morte di un colonnello, che sarebbe stato intenzionalmente schiacciato con un carrarmato dai suoi subordinati. L’incidente è riportato da «Politico» e da altri media. Secondo tali fonti, il colonnello russo Youri Medvedev è morto in un ospedale bielorusso dopo esser stato vittima di un ammutinamento dei suoi subordinati. Secondo «Politico», i soldati russi avevano perso la pazienza verso il comandante che li stava portando alla morte.

Malgrado il moltiplicarsi di ammutinamenti, i soldati russi continuano a venir stereotipati come dei sostenitori fanatici del regime di Putin. Si tratta di un problema enorme che deve essere risolto. Benché filtrino le informazioni sui soldati che rifiutano di obbedire, pochi mezzi sono dedicati alla creazione di una rete di diffusione e di sostegno pratico verso i casi di diserzione, sabotaggio e ammutinamento. Se esistono innumerevoli iniziative per sostenere i rifugiati civili, dovrebbero essercene in numero sufficiente anche per fornire appoggio agli ammutinati dell’esercito.