A tre anni dall’inizio della guerra in Ucraina il 22 febbraio è stata una lunga giornata di informazione e lotta promossa dal Coordinamento contro la guerra e chi la arma.
In mattinata c’è stato un presidio informativo al Balon, con interventi, musica volantini, banchetti.
Nel pomeriggio ci si è mossi per dare un segnale concreto della volontà di smilitarizzare la città.
Disertare la guerra
In solidarietà con i disertori e obiettori ucraini e russi gli antimilitaristi si sono ritrovati di fronte al consolato ucraino di corso Massimo D’Azeglio 12.
Tanti fumogeni e uno striscione con la scritta “Con i disertori russi e ucraini, contro tutti gli Stati!”
Di seguito alcuni stralci del comunicato diffuso:
“In Ucraina sono morte centinaia di migliaia di persone e sei milioni quattrocentomila ucraini hanno dovuto abbandonare le loro case.
Sia in Russia che in Ucraina decine di migliaia di persone hanno disertato. In Russia chi si è opposto alla guerra ha subito una dura repressione.
In Ucraina i reclutatori professionisti fanno irruzione sui mezzi pubblici, nei mercati, nei centri commerciali a caccia di uomini dell’età giusta da catturare e trascinare a forza al fronte. Ma non hanno vita facile: tanta gente si mette di mezzo per impedire gli arruolamenti forzati.
Quelli che vengono presi alla prima occasione fuggono.
In Russia come in Ucraina oppositori, sabotatori, obiettori e disertori subiscono pestaggi, processi e carcere.
Il prezzo della guerra lo pagano le popolazioni ucraine e russe.
Lo paghiamo noi tutti stretti nella spirale dell’inflazione, tra salari e pensioni da fame e fitti, bollette in costante aumento mentre la tutela della salute è un privilegio di cui gode chi può permettersi di pagare..
Il governo italiano si è schierato in questa guerra inviando armi, arrivando a schierare 3.500 militari nelle missioni in ambito NATO nell’est europeo e nel Mar Nero.
In Russia e in Ucraina c’è chi lotta perché le frontiere siano aperte per chi si oppone alla guerra.
Noi facciamo nostra questa lotta contro le frontiere, per l’accoglienza di obiettor, renitent, disertor* da entrambi i paesi.
Noi non ci arruoliamo né con la NATO, né con la Russia. Rigettiamo i vergognosi giochini di Trump, Putin e dell’UE sulla pelle di popolazioni stremate dalla guerra.”
No alla città dell’Aerospazio!
Gli antimilitaristi si sono poi spostati all’ingresso dell’ex stabilimento Alenia Aermacchi di corso Marche, ormai abbandonato da decenni. Qui Leonardo, la maggiore industria di guerra italiana, e il Politecnico di Torino intendono costruire un nuovo polo ricerca e sperimentazione bellica.
Il cancello che immette nell’area della palazzina 27, destinata al Politecnico, è stato chiuso con un grosso lucchetto.
Accanto, due striscioni, uno con la scritta: “No alla ricerca e alla produzione bellica” e l’altro con “fancula la guerra, solidarietà con i popoli massacrati. Tanti fumogeni hanno reso più visibile la protesta.
In contemporanea sul limitrofo ponte sulla ciclabile è comparso lo striscione “Leonardo Thales-Alenia, eccellenze italiane di morte e distruzione”.
Di seguito alcuni passaggi del comunicato diffuso:
“Torino punta tutto sull’industria bellica per il rilancio dell’economia. Un’economia di morte.
La nostra città è uno dei maggiori poli dell’industria bellica aerospaziale.
Ed è a Torino che sorgerà la Città dell’Aerospazio, un centro di eccellenza per l’industria bellica aerospaziale promosso dal colosso armiero Leonardo e dal Politecnico subalpino.
Hanno il sostegno di tutti: dal comune, alla regione al governo.
La Città dell’Aerospazio ospiterà un acceleratore d’innovazione nel campo della Difesa, uno dei nove nodi europei del Defence Innovation Accelerator for the North Atlantic (D.I.A.N.A), una struttura della NATO. Progetti di morte che è impegno di tutt* inceppare.
Occorre capovolgere la logica perversa che vede nell’industria bellica il motore che renderà più prospera la nostra città. Un’economia di guerra produce solo altra guerra.
Provate ad immaginare quante scuole, ospedali, trasporti pubblici di prossimità si potrebbero finanziare se la ricerca e la produzione venissero usate per la vita di noi tutti, per la cura invece che per i massacri.
Per fermare le guerre non basta la testimonianza. Occorre incepparne i meccanismi, bloccarne le basi. Porti ed aeroporti militari, caserme, poligoni di tiro ed industrie belliche sono a due passi dalle nostre case.“
L’Alenia produce morte
L’ultima tappa della giornata è stata a Caselle Torinese di fronte all’ingresso dello stabilimento Alenia in strada Malanghero.
Uno striscione con la scritta “Spezziamo le ali al militarismo!” è stato aperto lungo la strada. All’interno dell’area recintata e chiusa da filo spinato i guardiani sono entrati in agitazione.
Qui, in quest’area militare dell’Aeroporto si sperimentano i nuovi aerei. Da qui è partita la freccia tricolore che ha colpito un’auto in transito, uccidendo una bambina di nove anni.
All’Alenia del gruppo Leonardo si producono droni da guerra e i cacciabombardieri eurofighter.
Queste armi hanno ucciso milioni di persone, distrutto città e villaggi, avvelenato irrimediabilmente interi territori.
Presto questo stabilimento verrà riammodernato per produrre i nuovi cacciabombardieri del Global Combat Air Programme, progettati e realizzati da Leonardo, Mitsubishi e BAE Systems, un nuovo più mortale strumento di guerra.
Chiudere e riconvertire l’industria bellica è un atto concreto per inceppare le guerre!
Solo un’umanità internazionale potrà gettare le fondamenta di quel mondo di libere ed uguali che può porre fine alle guerre.
Oggi ci vorrebbero tutti arruolati. Noi disertiamo.
Noi non ci arruoliamo a fianco di questo o quello stato imperialista. Rifiutiamo la retorica patriottica come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro pretese espansionistiche. In ogni dove. Non ci sono nazionalismi buoni.
Noi siamo al fianco di chi, in ogni angolo della terra, diserta la guerra.
Vogliamo un mondo senza frontiere, eserciti, oppressione, sfruttamento e guerra.
Gettiamo sabbia nel motore del militarismo!
Per info antimilitarista.to@gmail.com
Torino. Contro la guerra e il militarismo: cronache di una giornata di lotta | Anarres